La musica agevola l'apprendimento in termini più generali?
Pare che esista una correlazione positiva tra esperienza musicale e apprendimento scolastico. Sono due le scuole di pensiero che cercano di verificare questa ipotesi. Tra la fine degli anni Ottanta e l'inizio degli anni Novanta del secolo scorso, sono stati condotti studi sul cosiddetto Effetto Mozart: venivano sottoposti individui a test neuropsicologici e si osservava che se il soggetto per circa dieci minuti veniva esposto ad una sonata di Mozart i risultati erano migliori. Alcuni studiosi (tra cui Schellenberg e Allan) ritennero che questi test fossero condotti con troppa approssimazione, in particolare perchè il confronto avveniva tra soggetti che avevano ascoltato per dieci minuti musica di Mozart e altri soggetti che erano rimasti inattivi.
Secondo Glenn Schellenberg e Allan, infatti, il processo di migliore attivazione non era tanto dovuto all'ascolto di Mozart, ma all'aumento di vigilanza e attenzione scatenato dalla musica. I risultati dei test miglioravano soprattutto se al soggetto veniva fatta ascoltare musica che gradiva particolarmente. A questo punto era utile sapere se gli effetti positivi della musica a brevissimo termine sulla cognizione si presentavano anche a lungo termine.
Schellenberg osservò bambini di 6 anni e, dopo un anno di training musicale, misurò nuovamente il loro q.i. (vi erano due gruppi: un gruppo praticava musica, mentre quello di controllo teatro). Effettivamente si osservarono miglioramenti. Ma Schellenberg non fu soddisfatto e notò che se si teneva costante il livello intellettivo tra i gruppi sparivano le differenze: in altre parole il training musicale dopo un po' perdeva di efficacia.
Secondo questa ipotesi il training musicale non è quindi così specifico nella facilitazione cognitiva, e non si poteva escludere che i soggetti fossero geneticamente predisposti ad essere più intelligenti. Era quindi l'intelligenza a favorire indirettamente l'effetto musicale.
Negli anni si sono succeduti numerosi studi che miravano a stabilire se il bambino che ascolta musica diventa più intelligente, dai più empirici, fino a quelli più scientificamente validati. Recentemente, infatti, G. Schellenberg ha rivisto i suoi stessi risultati cercando di approfondire il legame fra musica e intelligenza.
Dimostrato che la musica non può modificare l'intelligenza immediatamente dopo l'ascolto di un brano di Mozart, il ricercatore canadese ha cercato di stabilire se vi fossero effetti a lungo termine e in una serie di articoli ha dimostrato che esistono effetti sugli items della scala Wechsler dopo solo un anno di training intensivo musicale, in bambini di 6-11 anni, in confronto al prendere lezioni in altri ambiti artistici (teatro, disegno, etc).
Quindi cosa viene modificato dalla musica, se il livello cognitivo dei musicisti non è poi così diverso da quello dei non musicisti nel lungo termine? Gli autori ritengono che le funzioni esecutive costituiscano un ottimo candidato, in quanto sono una misura di una forma più ampia di abilità cognitiva, ovvero l'abilità di utilizzare tutte le funzioni cognitive al servizio della rappresentazione, pianificazione, esecuzione e valutazione di ogni compito che l'uomo compie in ogni momento della sua giornata.
È solo grazie a questa abilità di organizzazione che riusciamo a mettere a frutto le funzioni cognitive.